Quando si parla di Bitcoin, spesso si pensa all’opportunità di speculazione (a volte erroneamente confusa con opportunità di investimento) dimenticando l’importante innovazione tecnologica che ne sta alla base, ovvero la blockchain.
Essendo la blockchain essenzialmente un registro di transazioni, di tanto in tanto (nel caso del Bitcoin avviene ogni 10 minuti circa) c’è bisogno di aggiungere un blocco di transazioni, in modo da poter tenere traccia di tutti i movimenti dei Bitcoin nella rete.
Questa operazione avviene normalmente anche nei conti digitali di monete “normali” come l’euro. Uno degli errori più comuni è quello di considerare monete digitali solo le criptovalute. In realtà le monete fiat (quelle “normali”) sono già in gran parte digitali. Pensate al rapporto tra i soldi che avete nel portafoglio e quelli che avete in banca (che sono digitalissimi).
Il registro delle transazioni in questo caso è tenuto dalla banca, o meglio dal sistema bancario, che aggiunge le transazioni facendo crescere il registro. L’aggiunta delle transazioni avviene attraverso un processo di certificazione gestito dal sistema bancario, del quale tutti noi ci fidiamo. Nel caso di Bitcoin (e più in generale di qualsiasi criptovaluta) non esiste un ente centrale che fa da sistema bancario e certifica la veridicità delle transazioni.
Esistono i minatori di criptovalute, meglio noti come miner.
Si tratta dei validatori della rete Bitcoin, coloro i quali hanno l’opportunità di provare ad aggiungere un blocco di transazioni alla catena, e che ottengono in cambio i Bitcoin di nuova emissione. Attualmente la reward (il premio) per l’aggiunta di un blocco alla catena è di 6.25 BTC. Anche le gas fee, ovvero le spese di transazione, finiscono ai miner.
La certificazione della correttezza del blocco da aggiungere avviene attraverso il principio del consensus. Il blocco che viene aggiunto è quello “proposto” da almeno il 50% + 1 dei minatori. Per evitare che un unico validatore possa proporre migliaia di blocchi al secondo, per poter provare ad aggiungere un blocco, il miner deve dare prova di aver fatto lavorare degli speciali computer (ASIC, Application Specific Integrated Circuit) su complicati calcoli matematici……inutili. È la cosiddetta proof of work, lo standard de facto per la certificazione di tutte le criptovalute di prima generazione, che ora si può dire superata dalla proof of stake (alla quale dovrebbe passare anche Ethereum entro la fine del 2022, e che non ha impatto energetico).
Ne conviene che maggiore è il numero di validatori sparsi nel mondo (se ne stimano già milioni), maggiore è il livello di sicurezza di Bitcoin, ma maggiore è anche il consumo globale di energia elettrica (che è già arrivato a superare quello di molte nazioni intere). Unito al fatto che Bitcoin è probabilmente una moneta destinata a restare in vita per decenni, e che per come è stato concepito non prevede cambiamenti dei protocolli (è davvero forse l’unica moneta 100% decentralizzata e non custodial, con tutti i pro e contro), questo crea una serie di preoccupazioni sulle implicazioni energetiche globali.
In quest’ottica sono nate nel mondo molte iniziative volte al mining di criptovalute basate sulla proof of work che utilizzano unicamente energie rinnovabili. La domanda energetica costante della blockchain consente di ottimizzare la produzione di corrente elettrica, e lo schema di reward affidabile e regolare permette di creare nuovi ricavi alle stazioni esistenti e di metterne in funzione alcune dismesse.
In questo moderno filone, si è inserita la startup Alps Blockchain, con base a Trento. Sfruttando “la principale e più antica fonte rinnovabile italiana” (dal loro sito), ovvero l’acqua. Attraverso il revamping di impianti idroelettrici esistenti, danno maggiore valore alla produzione elettrica, utilizzando l’energia in esubero o da reimmissione, per il mining di Bitcoin.
Nel sito riportano di aver installato in 18 mining farm più di 2000 validatori, tutti alimentati al 100% da energia idroelettrica.
Pare davvero un modo molto smart di affrontare un problema (quello energetico di Bitcoin) creando un’opportunità (diversificazione del mercato per i produttori di energia). Viviamo anche noi in un posto ricco di risorse idroelettriche, e magari ci conviene tenere d’occhio cosa fanno i nostri vicini.